Noi, testimoni di chi lottò per la Patria
Ogni 4 novembre la comunità si ritrova per celebrare la Festa dell’Unità d’Italia e delle forze armate in quella fatidica data che segna il ricongiungimento di Trento e Trieste alla Madrepatria avvenuto nel 1918. Da allora, ogni anno commemoriamo i nostri fratelli caduti in tutte le guerre; per loro e per la nostra patria celebriamo la santa messa.
Purtroppo quest’anno, per la prima volta, non sono con noi i combattenti aspresi: Mario Adami ci ha lasciato, oggi lo ricordiamo con affetto e riconoscenza; mentre Gino Nobili tra le lacrime mi ha detto di non riuscire a salire fin qui fisicamente ma è come se fosse in prima fila con la bandiera dei reduci. La commozione che in questa ricorrenza si vedeva nei loro occhi, l’emozione che provavano ogni volta che li chiamavo, il ricordo di Gino che con il fiatone ogni volta saliva queste scale appoggiandosi a me, sono la testimonianza viva e indelebile del sacrificio che hanno compiuto in battaglia per la nostra bandiera, simbolo della nostra Patria.
Spetta a noi quindi in futuro essere i testimoni vivi dell’importanza e della necessità di questa festa; anche e soprattutto oggi, quando l’Italia sta attraversando un terremoto che prima di farsi economico, è anzitutto morale e istituzionale.
Festa dell’Unità d’Italia? Difficile crederlo, lo ammetto: siamo ancora una nazione spaccata e divisa in mille fazioni. C’è un senso di abbandono da parte dello Stato. Quasi ogni giorno assistiamo sbigottiti alle notizie che riguardano i politici italiani immischiati in loschi affari, tangenti, chiusi nel loro mondo e lontani dai veri problemi del popolo, i territori, quei piccoli comuni che sono l’ossatura della nazione. Ci rattrista tutto ciò perché ci porta a vacillare nella fede ai valori sacri in cui si crede e per cui si lotta. Non si trasmette fiducia in chi lavora, in chi indossa la divisa tutti i giorni per difendere lo Stato – che siamo noi. Ma essendo questo il giorno dell’unità d’Italia, significa anche che è il giorno dell’orgoglio.
Perché noi siamo un popolo orgoglioso anche se non lo diamo a vedere. Siamo un popolo che ha sempre compiuto sacrifici, lottato. Abbiamo vinto e perso guerre, viste distrutte le nostre case anche dalle catastrofi naturali… eppure ci siamo sempre mossi, fin da subito, per ripartire e rialzare la testa. Ci siamo ricompattati quando eravamo divisi, ci siamo stretti sotto la nostra bandiera quando qualcuno la sbeffeggiava.
Vedo molti ragazzi la presenza delle associazioni che ringrazio per essere venute. A voi mi rivolgo perché è ora che deve esserci quella spinta d’orgoglio, l’impegno per mettersi in prima linea e in prima persona per cambiare le cose, per non disperdere un patrimonio storico che ci hanno lasciato i nostri fratelli caduti in guerra e che ancora oggi perdono la vita o subiscono attacchi nelle missioni di pace, nelle strade, nella lotta al crimine. Penso in particolare al caporale Tiziano Chierotti – l’ultimo caduto, solo dieci giorni fa –, penso al corpo degli Alpini sotto attacco in Afghanistan, ai due militari del Reggimento “San Marco” ingiustamente prigionieri in India da nove mesi.
Anche noi civili, semplici cittadini di ogni giorno, dobbiamo metterci il nostro impegno ora che costa sacrificio, ora che ce n’è bisogno. Ora che deve esserci quel senso di responsabilità che troppo spesso è venuto a mancare. E’ facile oggi dire che “tanto non funziona niente” e aspettare che venga qualcuno ad aggiustare le cose. Non è più tempo di aspettare. E’ tempo di rimboccarsi le maniche e impegnarsi attivamente per tenere in piedi e far rialzare la nostra amata Italia. I nostri padri ci hanno lasciato con il sangue, il sacrificio e il sudore della fronte, un popolo unito, una terra stupenda da tutelare, amare e difendere in nome di quei valori e principi sanciti nella Costituzione e ancora vivi nella società civile. Valori e principi oramai comunemente riconosciuti e condivisi da tutti i popoli europei, non più nemici in guerra ma fratelli con cui abbiamo il dovere di costruire quella casa comune che è l’Europa. Un’Europa unita basata su un’autentica idea politica e non soltanto su regole finanziarie che proprio in questo momento storico si stanno rivelando in tutta la loro fragilità.
E’ da qui che dobbiamo ripartire, dall’impegno sociale, dalla speranza e dalla responsabilità. Siamo attori attivi nel nostro paese. E lo dobbiamo moralmente a chi ci ha creduto donando la propria vita per quest’idea di Popolo, di Nazione, di Stato. E non dobbiamo mai smettere di crederlo. Viva l’Italia!
Stefano Petrocchi