Saluto a Gino Nobili, ultimo reduce di guerra

Con Gino se ne va una pagina di storia del nostro paese. Una pagina che ho vissuto insieme a lui, ogni anno, il 4 novembre, fin quando ha potuto partecipare in prima persona alla cerimonia in onore dei caduti in guerra. Porterò con me il ricordo delle lacrime nei suoi occhi, l’emozione sempre rinnovata. Occhi che raccontavano senza parole cosa aveva vissuto in quei giorni terribili. Occhi sicuramente pieni di paura, circondati dalla morte. Il boato delle armi, i suoi amici caduti, la prigionia in Germania. La tristezza della solitudine e la mancanza di casa, alleviata dalle lettere di conforto dei genitori. Tutto questo traspariva nei suoi occhi.

Non ho mai chiesto nulla della guerra a Gino. Se accennava qualcosa gli occhi si gonfiavano di lacrime. Occhi pieni di orgoglio, l’orgoglio di essere stato soldato per l’Italia. La fierezza e la serenità, sempre. La serenità di chi sapeva di aver fatto il proprio dovere e di averlo continuato a fare anche dopo… ogni anno… Ogni 4 novembre… Omaggiando con la sua presenza coloro il cui nome è impresso col sangue nel marmo in piazza del Municipio. L’ha fatto fin quando le gambe l’hanno sostenuto e le braccia hanno avuto la forza di aggrapparsi al mio, di braccio, per salire fino alla chiesa parrocchiale per omaggiare quei ragazzi come lui che però non hanno avuto la fortuna di ritornare a casa. Gino non è mai mancato all’appuntamento con il ricordo.

Ecco cosa ha lasciato la guerra nei combattenti: il rispetto. Il rispetto per la storia, di cui è stato attore protagonista. Un uomo di altri tempi che ci richiama allo stesso rispetto, che non deve mai venire meno, neanche quando i problemi della vita quotidiana ci opprimono. Anzi: è proprio nei momenti di crisi che dobbiamo rivolgerci all’esempio di chi nella vita ha dovuto affrontare anche la morte, in guerra e in pace.

L’Amministrazione comunale e la comunità asprese si stringono con affetto alla famiglia e salutano Gino con l’onore e la gratitudine che merita. Ultimo portabandiera di una bella Italia. Sforziamoci di esserne all’altezza.

Stefano Petrocchi