Casperia in “La voce della bellezza”
Giordano Locchi è un giovane giornalista sabino. Di recente ha partecipato ad un conscorso giornalistico presentando un articolo su Casperia. Il suo pezzo è stato quello che ha riscosso il maggior successo dai lettori on-line, mentre dalla giuria ufficiale ha incassato il secondo posto ed una menzione speciale. Leggiamo la sua testimonianza.
L’idea di scrivere un articolo su Casperia o, per meglio dire, sulla realtà sociale e le profonde trasformazioni che hanno investito negli ultimi dieci anni questo piccolo paese della Sabina, è nata dalla lettura di una recensione pubblicata sul Corriere della Sera e relativa all’ultimo libro del sociologo francese Jean-Pierre Le Goff: La Fin du village. Une histoire française.
Era lo scorso ottobre. Di lì a breve sarebbero scaduti i termini per partecipare al concorso giornalistico indetto dalla Fondazione Marilena Ferrari La Voce della bellezza. Mi trovavo a Poggio Mirteto, mio paese natale, a pochi chilometri da Casperia. La sorte ha voluto che la recensione sul Corriere fosse accompagnata, nel fondo pagina, da un trafiletto di consigli di viaggio proprio su Poggio Mirteto e la Sabina. L’intuizione di legare Casperia all’analisi sociologica sulla “fine del villaggio”, la devo quindi a qualche caporedattore del Corriere che ha deciso di legare i due argomenti nell’impaginazione del giornale.
Leggendo quell’articolo, infatti, ho pensato che la storia di Cadenet, paese provenzale nel Luberon dove il professor Le Goff ha trascorso gli ultimi 30 anni di ferie estive, non fosse solo l’emblema di “una storia francese”, come pure recita il sottotitolo del poderoso saggio che l’illustre sociologo ha dedicato a quella realtà rurale, ma che fosse la descrizione perfetta di un tipo mutamento sociale e organizzativo che poteva travalicare i confini nazionali e installarsi in qualsiasi luogo che avesse le caratteristiche di Cadenet e che si trovasse nel bel mezzo delle correnti di apertura al mondo che caratterizzano questi nostri tempi.
Le Goff in fondo aveva fatto bene il suo lavoro, ho pensato: aveva trovato una legge sociologica che, in quanto tale, poteva avere valore universale e trovare conferma anche a pochi chilometri da casa mia; aveva spiegato cosa succede a un centro rurale contemporaneo immerso nella globalizzazione e nelle correnti di reflusso dell’urbanizzazione. Assai critico, però, il professore parlava della “fine del villaggio” decretata dall’arrivo dei cosiddetti “neorurali”: intellettuali come lui, artisti, professionisti, cittadini benestanti che si muovono dalla metropoli verso la provincia perché stremati dal costo della vita e dallo stress e che, una volta lì però, non si integrano, portano i loro modelli di vita e snaturano le caratteristiche della logica paesana e contadina. I neorurali, questa è la tesi, sperano di trovare rapporti umani più facili e una mitologica “autenticità”, scomparsa però proprio a causa del loro arrivo.
Ora io, molto più modestamente, ho pensato che in Sabina quella autenticità fosse già scomparsa da un pezzo. Ho pensato che il modello sociale del paese dai sapori carducciani si fosse estinto già a partire dagli anni ’70. Ho pensato che la fine del villaggio qui fosse già arrivata ben prima dei neorurali, a causa dell’abbandono e delle scarse opportunità culturali e lavorative di queste terre. Ho pensato che il villaggio, lasciato solo ai giri di briscola degli anziani, fosse già morto, che quella realtà oggi non fosse più riproponibile e che quindi il cambiamento, che pure ha segnato la fine del villaggio nel senso tradizionale del termine, potesse prendere un’altra piega: meglio un paese diverso dal passato ma vivo, che il tentativo ormai improponibile di un ritorno alla vecchia “autenticità”, mi sono detto.
L’arrivo dei neorurali e dei numerosi stranieri che hanno popolato negli ultimi anni Casperia mi è sembrato un fenomeno da raccontare con un piglio diverso, proprio secondo l’ottica del premio “La Voce della bellezza” che chiedeva di narrare le storie dell’Italia migliore, dei luoghi che hanno saputo fare della bellezza un motivo di crescita economica e di trasformazione sociale. A Casperia, paese sull’orlo dello spopolamento fino a tempi tutto sommato recenti, la bellezza del borgo negli ultimi 10 anni ha portato numerosi stranieri e cittadini romani a trasferirvisi. Questi hanno rimesso in vita una comunità destinata a perire su se stessa. Per questo ho voluto scrivere un reportage da Casperia, con le voci dei suoi protagonisti più eccellenti: per tracciare il ritratto di “un tipico esempio italiano di crescita sostenibile dal basso, dove la collettività, coadiuvata dall’amministrazione locale, ha saputo fare della bellezza del suo patrimonio storico, artistico e paesaggistico una leva per sfuggire dalla crisi sociale”, come ha detto Fabio Lazzari, presidente di Utet Grandi Opere e videpresidente di FMR, nel consegnare il premio.
Il reportage ha infatti vinto il premio dei lettori sulla rete e una menzione speciale della giuria. C’è stato un testa a testa con l’articolo del mio collega della scuola di Urbino, poi vincitore definitivo. Ma la giuria ha voluto comunque premiare il mio articolo, dopo una selezione su più di 450 elaborati, oltre che per la qualità dello stile narrativo, come è stato detto, anche e soprattutto per il contenuto e il messaggio veicolato. I giurati hanno detto di esserne stati invogliati a visitare il paese, e che sicuramente lo faranno. Piacevoli ricordi, poi, ha evocato il racconto in Fabrizio Ferragni, vicedirettore del Tg1, che in passato ha fatto di Casperia un buen retiro dove scrivere i suoi libri.
Per quello che riguarda il messaggio dell’articolo, dal mio punto di vista si è trattato di un atto di amore verso la mia terra, ma anche di un monito da parte di chi come me, a differenza dei neorurali, ha dovuto lasciare la provincia per la metropoli nella speranza di realizzare i proprio sogni. Il punto critico è quello che la trasformazione di cui Casperia è stata protagonista è stata resa possibile solo dall’arrivo dei forestieri, non di rado osteggiato o mal visto. Le nostre popolazioni e, è grave constatarlo, coloro i quali sono chiamati ad amministrarle, fanno della chiusura sociale e del mantenimento dello status quo un atteggiamento culturale che, se pure è una tipica attestazione di ciò che significa essere provinciali, rappresenta comunque un modello di grave estromissione di opportunità di sviluppo.
Quello che mi auguro è che grazie alla visibilità che questa iniziativa ha dato al piccolo borgo di Casperia, possa divenire un modello da seguire, soprattutto per lo sviluppo delle nostre comunità . Pena, un abbandono irrefrenabile.
Giordano Locchi
Leggi l’articolo Casperia: la rinascita attraverso la bellezza di Giordano Locchi